Il barista, un omaccio tutto tatuato con varie sponsorizzazioni femminili, lo guardò schifato:
"Fila via, pezzente. Mi disturbi la clientela".
"Ma come, amigo" disse Camarinho "dovresti onorato di averci qui. Il tuo è il bar più malfamato della città, e noi siamo la banda minorile più malfamosa di tutta l'America, i Pelorinho Pivetes di Bahia. Per venire qui abbiamo eliminato gli Hermanos Oiga di Bogotà, i Blasters di Miami e la Banda Baldaracci di San Paolo."
"Ti sbagli, pezzente," ringhiò il barista "è vero che questo è il posto più malfamato di tutta la città, ma questa fascinosa cattiva fama ce l'ha grazie a persone ricche e importanti. Banchieri riciclatori, grandi palazzinari, politici camorristi, principi mercanti d'armi, spacciatori di droga miliardari..."
"Mae de Deus!" disse la canottiera che si chiamava Nestor detto Isadora. "Sono forse quelle facce da tagliagola sedute qui vicino?"
"No, questi sono attori che pago per dare un po' di atmosfera al locale. Stuntmen che inscenano false risse, mimi finti ubriachi. Quel barbone che rutta fragorosamente in faccia a tutti è un ex-baritono, la vecchia puttana è una delle più famose attrici degli anni cinquanta, e l'uomo con le dodici cicatrici non era un legionario, era un saldatore. Ma ai tavoli in fondo, come vedi, c'è una clientela elegante e distinta, e il menù è di prima qualità."
"Vedo," disse Isadora, con un fischio di ammirazione. "Ostriche alla Cupola, Mousse di branzino all'Olonese, Filetto incaprettato, Truffa mista di calamaretti e gamberi, Fragoline di sottobosco, centomila alla porzione..."
"Servizio escluso, capito? Perciò qui pezzenti veri non ne vogliamo. Sgombera, nanetto travestito, o avverto il tavolo dei finti scaricatori portuali." Isadora guardò il tavolo suddetto, dove briscolavano quattro orchi con fiamme tatuate sulle braccia.
"Che bei ragazzi!" disse Isadora "non vedo l'ora di conoscerli."
Il barista fece un cenno e il più grosso dei quattro si alzò, sovrastò i due bambini e disse:
"Sono il maresciallo Bacci della locale Tenenza carabinieri e contestualemente appuro che state infastidendo il conte Riffler Biscaglia. Non so di che razza siete, negri, meticci, froci, zingari o transessuali, ma il nostro carcere minorile ha diversi posti liberi..."
Oh scusate, amigo," disse Camarinho "non sapevamo di avere a che fare con un conte. Ma possiamo spiegare tutto: è vero, siamo una banda di teppistelli di Bahia, ma siamo venuti nel vostro paese perché ci hanno invitato ad una trasmissione televisiva che ci chiama Gorgon, tutto quello che non vorreste mai vedere."
Il conte e il poliziotto si guardarono interdetti.
"Dite sul serio? Quella degli orrori del mercoledì sera?"
"Certo," disse Camarinho "ci hanno invitato per mostrare in diretta come sniffiamo benzina e per farci raccontare di quando abbiamo fatto a revolverate con la Banda Baldaracci, e dopo ci sarà una festa di beneficenza in nostro onore e si ballerà la lambada e tutti si commuoveranno nel vedere i nostri miseri vestiti."
"Si amigo," disse Isadora "non siete solo voi a travestirvi. Io, ad esempio, abitualmente vesto Balenciaga. Ma lo show è show..."
"State bluffando" disse il poliziorco.
"Fate come volete," disse Camarinho "ma se stasera non saremo negli studi di Gorgon scoppierà un bel casino. Ci sarà anche il ministro dell'immigrazione."
"Lasciamoli andare," disse il conte "meglio non correre rischi."
"Grazie amigo," disse Camarinho "volete che faccia qualcosa per riscaldare l'ambiente?" Con un gesto rapido, estrasse un machete dalle mutande e lo calò sul braccio del conte, tagliando con una precisione millimetrica una sottiletta di pelle col tatuaggio di un drago.
"Questo piace a me," disse Camarinho, e se lo attaccò al braccio.
Un mormorio eccitato percorse i clienti.
"Ehi ragazzo," disse il conte "che ne diresti di lavorare qui?"
"Oh no amigo," disse Camarinho "a noi piace la libertà. Sapete, noi non abbiamo il telecomando per spegnere Gorgon. A noi ci toccano emozioni forti ventiquattro ore su ventiquattro. Buena suerte, bobos!"
E sparì in un lampo bianco di mutande.
Nelle strade del malfamato quartiere risuonarono le parole di Strade miserabili dei Mamma Mettimi Giù. [...]
da "La compagnia dei Celestini", di Stefano Benni, Ed. Universale Economica Feltrinelli, 2009, pp. 117-118.
