"Avanti, avanti", grida il Vecchio, dandomi una spinta.
Un razzo illuminante si accende sopra le nostre teste. I venticinque uomini della nostra sezione si trasformano in venticinque statue. Per vari minuti restiamo lì, privi di qualsiasi difesa, inerti in quella luce abbagliante e portatrice di morte. Poi ci avvolge di nuovo l'oscurità protettrice.
La notte sembra piena di sagome che corrono e che saltano. Ovunque regna la confusione. Stiamo tutti correndo di qua e di là nel buio, russi e tedeschi. Bombe a mano vengono scagliate nelle case. Soldati feriti e morenti urlano con voci stridule.
In mezzo alla strada, un T-34 compie un vertiginoso giro su sè stesso e poi esplode con un accecante bagliore.
Dal centro della città continuano a provenire esplosioni e il rumore della battaglia in corso.
"Speriamo che non facciano a pezzi la casa di Tania, a fuira di sparare", dice Porta, preoccupato.
"Forse è tutta colpa del commissario, che è venuto a prendere la sua donna", fa Gregor con una risata breve e triste.
"Tutto ha l'importanza di un peto in un colabrodo", sospira Porta. "Da quando sono nato mi rendo sempre più conto che l'unica cosa preziosa che uno possiede è la sua povera e preziosa vita."
Stanchi, ci sdraiamo a terra al riparo di una piccola altura.
"Anatre!" esclama Porta assumendo la posa di un cane da punta. Ha ragione. Si può distinguere il tranquillo qua-qua di uno stormo di anatre.
"Se riusciamo ad acciuffarne un paio, vi farò assaggiare l'anatra con il riso alla portoghese", promette, leccandosi le labbra all'idea. "Roba degna degli dèi! Prima di tutto si prende un po' di riso - quando avete preso le anatre, s'intende - e poi alcune cipolle che è facile trovare, e così pure dicasi delle carote. Infine ci vogliono qualche pomodoro, dell'olio, sale e pepe. Secondo la ricetta, il riso deve bollire nel grasso d'anatra cui si aggiunge lentamente dell'acqua in fasi di bollitura. Io, tuttavia, preferisco il vino all'acqua. Stendete bene il riso sul piatto e posate sopra la porzione di anatra. Quindi tritate bene insieme i pomodori con le cipolle e metteteli sopra il resto. L'aroma è gustoso, vi assicuro, come quello che si sentiva alla Vigilia di Natale prima della guerra." [...]
Gregor mi segue a ruota. E' così buio che riusciamo a vedere solo un paio di metri davanti a noi.
A un certo punto inciampo in qualcosa che si rivela una carriola capovolta. Impreco in silenzio. Un elmetto russo emerge dall'oscurità. Più rapido del pensiero, Gregor lancia le sue bolas: il micidiale laccio si arrotola intorno al collo del russo, dalla cui gola esce solo un rauco rantolo prima che finisca a terra.
"Che diavolo state combinando?" chiede Albert, preoccupato, appiattendosi a terra dalla paura.
"Gesù, Gesù!" esclama, quando scorge il russo morto.
"Tra poco mi verrà un collasso nervoso! Che il diavolo si porti il mio papà, che non ha saputo far di meglio che suonare i timpani per gli ussari prussiani! Avrebbe dovuto restarsene a casa nella sua capanna di paglia e non permettere che il suo figliolo migliore venisse coinvolto in questa terribile guerra scatenata dai tedeschi per vendetta."
"Cristo!" grida Gregor terrorizzato, quando una colossale fiammata rossa spezza l'oscurità e si eleva come una campanile di fuoco verso il cielo fino ad allargarsi in una nube a forma di fungo. Sembra un orribile miraggio, spuntato improvvisamente dal nulla.
Semiaccecati e assordati fissiamo la diabolica fiammata rossa. Questa cresce e cresce e diventa un brillante ombrello color rosso carminio di enormi proporzioni, intento a vomitare lingue di fuoco gialle e bianche simili a tante rose. Lentamente, il gigantesco fiore di fuoco si trasforma in milioni di fiammelle.
Tutto il firmamento e il campo di battaglia sono tinti di rosso.
Porta e due russi emergono correndo da quell'immensa vampa rossa, trasformata in un unico rombante e indescrivibile inferno.
"Scappa, maledizione!" esclama il Vecchio in tono disperato, tirandomi per la spalla.
Con la sensazione di stare assistendo a uno spettacolo irreale lo seguo. Le gambe si muovono automaticamente.
Un russo con un Kalashnikov appeso di traverso sul petto ci sorpassa. Uno spostamento d'aria rovente ci getta a terra.
Storditi, ci rialziamo e c'inoltriamo nell'acqua gelida del ruscello che comincia lentamente a riscaldarsi. Immergo la bustina nell'acqua e poi me la poso sulla faccia per proteggerla.
"Tovarish!" urla un russo in preda al terrore quando andiamo a sbattere l'uno contro l'altro a metà del ruscello.
"Idioti!" urla, indicando con la mano il rombante mare di fiamme. Poi si rimette a correre facendo schizzare l'acqua tutto intorno.
Dopo un po', il resto della sezione comincia a radunarsi intorno a quello che rimane d'una fontana a pezzi. Il cosacco di granito che si trovava al centro della fontana stessa non ha perso solo la testa, ma anche il resto del tronco. Nel bacino della fontana rimangono in piedi solo i pantaloni e gli stivali di pietra.
"Che diavolo è stato?" chiedo, applicando la pomata speciale sulle ustioni che paiono divorarmi la carne.
"E' quel pazzo di Porta che ha tirato, per dirla così, la catena, minacciando di farci annegare tutti nel cesso", ringhia il Vecchio, lanciando un'occhiata rabbiosa a Porta.
"Ma chi, in nome del demonio, poteva immaginarsi che era un fottuto enorme deposito di benzina? " ansima Gregor, rovesciandosi dell'acqua sul faccione rosso, tutto coperto di ustioni.
"Pensavo di girare la manopola della combinazione di una cassaforte", si scusa Porta. "Sembrava proprio una di quella. Sapete, no, come vanno queste cosa? Un giretto a sinistra e poi un giretto a destra e improvvisamente sei ricco. In questo caso, comunque, il risultato è stato leggermente diverso. Mi è venuto proprio un accidente quando mi sono ritrovato in mezzo a quel falò insieme a un paio di Ivan."
Da "Il commissario", di Sven Hassel, Ed. Tascabili Sonzogno - Best seller, 2001, pagg. 87; 92-94.
