Sempre lo stesso gesto d'inforcare gli occhiali scuri pasoliniani nel momento in cui s'affaccia in strada con Raimundo e insieme si dirigono, spappolati, incontro alla gloria del nuovo giorno.
Non ci sono più, in giro, a quest'ora, gli scolari e le pattuglie di studentelli medi, a parte rari spavaldi che per oggi han nascosto, fra le ortiche, tracolle e abbecedari.
Come puoi non ricordare che eri anche tu un rebel kid del genere? Ci andavi o no, a far l'amore mattutino con l'amica in casa da sola, su letti di finta malattia pensati apposta per ingannare i vecchi? Così giudiziosa, lei! Carina! Diligente! Così smorfia e disponibile, nel venirti ad aprire in pigiamino, neanche si credesse malata veramente! Così intrigata e compresa, nel guidarti per l'appartamento vuoto che sapeva solo di cattolicissima solidità famigliare! Così trepida e costretta, quando le prendeva la foja di far cigolare il due piazze coniugale della señora insegnante di tedesco e del señor impiegato statale suoi genitori!
L'inizio della gloria è custodito fra il bancone a elle e gli specchi non proprio scintillanti del bar del Volpe.
Ermanno lascia Raimundo alle prese col giornale sportivo. Accenda la prima meravigliosa della mattinata, chiede al Volpe un baby di heineken. Beve un paio di sorsi, e per attutire l'alcool, succhia forte dalla meravigliosa. Però il fumo gli fa la bocca grifagna, e allora beve un altro mezzo sorso per sciacquarsi. E via così. Guarda dalla sua prospettiva ravvicinata la cimbali degli espressi, antica e argentea e panciuta come un'otaria. Ci ha le viscere, dentro, la vecchia cimbali. Ci vogliono delle gran tecniche per consentire a quest'ordigno di esistere, pensa Ermanno. Spegne la meravigliosa nel posacenere havana club, butta giù quel che resta dell'heineken, con discrezione tossisce, chiede al garzone afasico del Volpe un bicchier d'acqua semplice.
Comunque, non si riprende proprio per niente: i suoi occhi rossi e la pelle rovinata gli vengono incontro dallo specchio con maraglio coraggio, e c'è Raimundo che lo raggiunge al banco con aria improvvisamente professionale. La Dynamo Nizza incontrerà il Fenerbahçe nei trentaduesimi di coppia Uefa, pare, e lui si è finalmente ricordato che sono soci, loro, che Ermanno lo ospita gratis in casa propria, nella sua vecchia stanza, per di più.
"Che c'è in programma, oggi?" chiede Raimundo.
"Personalmente, il clou sarà il mio pranzo con la soave Biancalancia."
Raimundo continua a fissarlo interrogativo. "E per il nostro lavoro?" dice.
"Di che lavoro mi parli, vecchio?"
"Non avevi un biglietto attaccato alla porta? Non dovevi incontrare certe persone alle dodici e mezza, dei minorenni spaventosi che avevano una gran fretta di vederti?"
"Gli sbarbi intrepidi che mi aspettano alle dodici e mezza al parco?"
"Proprio", dice Raimundo, indispettito.
Riepilogano i movimenti della giornata, i nomi dei viziosetti che stamattina si saranno svegliati col sorriso, poiché oggi l'uomo di fiducia consegnerà nelle loro mani veloci quantità e qualità desiderate: si raccomandano la solita prudenza, dovendo traversare la città coi fari delle vespe farciti di libano rosso e altri, più gravi, castighi di dio.
"Bene", dice Raimundo. "Lanciamoci nella giga, allora." Poi - e per questo Ermanno lo odia, a volte - Raimundo lo pianta al banco ed esce via senza nemmeno salutare, strappato al mondo dalla sua nuova fretta di torbido lavoratore.
Da "Bastogne", di Enrico Brizzi, Ed. I nani Baldini & Castoldi, 200 qualcosa, pagg. 61 - 63.

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