giovedì 24 febbraio 2011

FURORE - John Steinbeck

[...]
Il babbo si voltò verso il fratello. "Fa' sentire la tua opinione. Hai qualcosa in contrario?"
"No," disse zio John, "ma è come far le cose di nascosto. Il nonno non sarebbe contento."
"Non possiamo interpellarlo al riguardo," disse il babbo. "Dobbiamo arrivare in California prima che ci finiscano i soldi."
Tom interloquì: "Pare che il governo s'interessa più ai morti che ai vivi. Capace di dissotterrare un cadavere, se trova una tomba fuori dal cimitero, e fa l'inchiesta per sapere come è morto. Io propongo di lasciare una nota scritta, in una bottiglia, vicino al nonno, che spieghi chi è, come è morto, e perché l'abbiamo sepolto li."
Il babbo fece segno d'approvare la proposta. "Buona idea. Scrivila con bella calligrafia. C'è anche il vantaggio che si sentirà meno solo, sapendo che c'è il suo nome lì con lui, e non è uno sconosciuto qualsiasi abbandonato sotto terra. C'è nessun altro che ha da dire qualcosa?"
Nessuno aprì bocca. Il babbo guardò la mamma. "Lo prepari te il nonno?"
"Si, certo," replicò la mamma, "ma chi pensa alla cena?"
"Penso io," propose Sairy Wilson, "non vi preoccupate, ci penso con l'aiuto della vostra ragazzona."
"Grazie, grazie di cuore," disse la mamma. "Noè, porta i barilotti e tira fuori un po' di carne. Non sarà completamente salata ancora, ma sempre buona da mangiare."
"E noi abbiamo ancora un mezzo sacco di patate," disse Sairy.
La mamma disse al babbo: "Dammi due mezzi dollari." Il babbo si frugò in tasca e le diede le due monete d'argento. Ella andò all'autocarro, trovò la bacinella, la riempì d'acqua ed entrò sotto la tenda. Era quasi buio là dentro. Sairy la raggiunse, accese una candela, l'appiccicò ritta sulla cassetta-tavolino e uscì di nuovo. La mamma ristette un momento a guardare il viso del morto. Poi, presa da compassione, lacerò una striscia dall'orlo del suo grembiale e se ne servì per tener chiusa la mandibola del cadavere. Gli distese le gambe e gli piegò le braccia in croce sul petto. Gli chiuse le palpebre e su ciascuna posò una delle monete d'argento. Gli abbottonò la camica e gli lavò la faccia.
Sairy rientrando domandò se non le occorreva niente. La mamma la guardò e disse: "Venite dentro, mi fa piacere parlare con voi."
Sairy disse: "Gran brava donnina, la vostra Ruth. Sbuccia le patate che è un piacere vederla. Avete bisogno d'aiuto?"
"Volevo lavarlo tutto, ma non ha roba pulita di ricambio. Mi spiace per la vostra coperta. Impossibile levar via da una coperta l'odor della morte. Ricordo un cane che avevamo che, perfino due anni dopo la morte di mia madre, non voleva saperne di fare la cuccia sul materasso dov'era morta. Dovreste lasciarmi questa coperta per avvolgervi il nonno, ve ne do un'altra. Ce n'ho una da darvi."
"Non parlate così. Siamo contenti d'aver potuto esservi d'aiuto. E' da tanto che non mi sentivo così bene, s'ha sempre bisogno d'aiutarsi l'un l'altro."
"E' vero," convenne la mamma. Guardava il morto, con la mandibola fasciata e le palpebre d'argento che luccicavano alla luce della candela. "Non sembra naturale," disse, "è per questo che voglio avvolgerlo nella coperta."
"La nonna l'ha presa abbastanza bene."
"Si, è tanto vecchia, che forse non si rende pienamente conto. Ma è anche per fierezza che s'è mostrata coraggiosa. Il babbo diceva sempre: chiunque è buono d'accasciarsi, solo i forti stanno in piedi sotto il colpo."
Stava avvolgendo la coperta attorno alle gambe e alle spalle del nonno e ne ripiegò il lembo d'un angolo sulla faccia a mo' di cappuccio. Sairy le porse una dozzina di spille di spilli di sicurezza per assicurare accuratamente i lembi della coperta. Alla fine si alzò e disse: "Sarà un discreto funerale, date le circostanze. Abbiamo un predicatore, e tutta la famiglia riunita." Barcollò improvvisamente e dovette appoggiarsi sulla spalla di Sairy. "Non è debolezza," disse, quasi che sentisse vergogna di sé, "è sonno. Non s'è dormito tutta la notte, causa i preparativi."
"Venite fuori all'aperto."
"Si, qui ho finito."
Sairy soffiò sulla candela e le due donne uscirono.

Da "Furore", di John Steinbeck, Ed. Bompiani I Grandi Tascabili, 2000, pp. 155-157.

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