Kanarack aveva alzato gli occhi dall'acqua che gli turbinava attorno. Respirava meglio; braccia e gambe stavano ritrovando la sensibilità. La siringa era ancora in mano a Osborn. Kanarack pensò che forse gli restava una possibilità. Poi Osborn girò di scatto la testa, come se qualcosa lo avesse colto di sorpresa. Kanarck seguì la direzione del suo sguardo. Un uomo alto, con impermeabile e cappello, stava scendendo verso di loro. Aveva in mano qualcosa. Alzò il braccio.
Un secondo più tardi, si udì un suono come se una decina di picchi si fossero messi all'opera contemporaneamente su un albero. L'acqua prese a ribollire. Osborn sentì qualcosa penetrargli nella coscia, e cadde. L'acqua ribolliva ancora. Osborn tentò di rialzarsi e vide l'uomo col cappello entrare nel fiume. La cosa che aveva in mano continuava a emettere le sue raffiche secche.
Osborn si immerse e cominciò a nuotare. Rumori smorzati, come di proiettili, gli giungevano da sopra. Sott'acqua, la poca luce del pomeriggio svanì del tutto. Non sapeva quale direzione stesse seguendo. Qualcosa lo colpì, si attaccò al suo corpo. Poi la corrente si impossessò di lui. La cosa si staccò, venne trascinata via. I polmoni di Osborn stavano per scoppiare per la mancanza d'aria, ma la forza della corrente lo trascinava giù, verso il fondo del fiume. Di nuovo, la cosa entrò in collisione con lui, e Osborn si rese conto di essere impigliato. Allungò le braccia, cercò di liberarsi.
L'oggetto era massiccio; sembrava un tronco d'albero coperto di muschio, e non voleva staccarsi. I suoi polmoni stavano per implodere. Doveva assolutamente respirare, ignorare la cosa che gli si era attaccata, e fare l'impossibile per emergere in superficie. Scalciò con tutta la sua forza, diede un colpo all'indietro con le braccia e schizzò verso l'alto.
Un attimo dopo, la sua testa emerse in superficie. Boccheggiante, Paul riempì d'aria i polmoni. Si stava muovendo a una velocità notevole. Riusciva appena a intravedere la riva del fiume, alla sua destra. Girando la testa, vide i fari delle automobili che correvano sulla strada alle sue spalle, e capì di essere al centro del fiume, trascinato dalla vorticosa corrente della Senna.
Emergendo in superficie, si era liberato della cosa impigliata al suo corpo; o almeno lo credeva, perché adesso era libero. La corrente aveva ripreso a trascinarlo via quando, all'improvviso, andò di nuovo a sbattere contro la cosa. Si girò, vide un oggetto oscuro che aveva un ciuffo d'erba all'estremità più vicina a lui. Fece per spingerlo via. Una mano emerse in superficie e gli si aggrappò al braccio. Con un urlo d'orrore, Osborn tentò di liberarsi. Ma la stretta della mano era salda. Poi scoprì che ciò che aveva preso per erba non era fatto erba: erano capelli. In distanza, sentì un rombo di tuono. La pioggia si fece torrenziale. Osborn si dimenò, tentò di staccare quelle dita dal proprio braccio. La cosa ruotò su se stessa, restò a galleggiare girata su un fianco. Urlando, lui cercò di allontanarla, ma la cosa non si muoveva. Quando esplose un lampo, Osborn si ritrovò a fissare un occhio sanguinante, mostruosamente trafitto da frammenti di denti. Sull'altro lato del viso non c'era alcun occhio, solo una massa di carne sanguinolenta. Un attimo dopo, la cosa balzò su ed emise un gemito. Poi la mano, poco per volta, si staccò dal braccio di Osborn, e ciò che restava di Henri Kanarack venne trascinato via dalla corrente.
Da "Il giorno dopo domani", di Allan Folsom, Ed.TEA, 2001, pp. 142-143.

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