"Adesso m'insegni ad armare le trappole..." chiedeva Dito, quando l'inverno cessò di colpo, i pappagalletti verdi già passavano, con vocìo trillato, era così bello prima.
A Dito non aveva il coraggio di dir di no. Ma la trappola non veniva come doveva, anche Dito ci si provò, osservava serio, solo lo zio Terêz ne era capace. Per tutto, lo zio Terêz stava lontano.
Tornasse lo zio Terêz, Miguilim conversava. "Il sanhaço pigola come un flauto... Sembra che impari a suonare..." "Cos'è il flauto, zio Terêz?" Flauto era come uno zufolio, di strumento, somigliava in meglio al pigolio del sanhaço grande, a quel ioioioim... Zio Terêz non doveva farne uno per lui, di bambù, di cannuccia di papaia? Ma, poi, di certo se n'era dimenticato, mai che nessuno avesse tempo, quasi nessuno, avevano tutti da lavorare.
Tomezinho e Dito correvano, nel patio, ognuno con un pezzo di pertica, erano cavallini cui era stato dato perfino il nome. "Giocare, Miguilim!" Giocare a nascondino. Anche la Chica e Drelina giocavano, i cani abbaiavano in modo diverso. Gigão quasi che sapeva giocare pure lui. Miguilim correva, sentiva un dolore da una parte. Si arrestava, non aveva più il coraggio di respirare. Non voleva staccarsi dal posto - il dolore dove andar via. Così da un momento all'altro, appena un principio di dolore, che veniva, si posava - allora in un istante, non poteva anche desistere dal posare in lui, e andare via? Se ne andava. Ma non voleva dire niente, lui lo sapeva, e si scorò.
Già era etico. Dunque, doveva morire, proprio, la medicina del sor Deogratias non serviva a niente.
"Dito, che giorno è oggi?"
Dunque, doveva morire; bisognava che pensasse come se già fosse una persona grande? Alzò le manine, tappandosi gli occhi. Il guaio era che uno bisognava che cercasse di pensare soltanto alle cose che doveva fare, ma era la testa che pensava per proprio conto - quel che gli si presentava era ogni sorta di brutte idee su quel che poteva succedere! Meglio le storie. Quella del padre del sor Soande vivo, storia dell'uomo farmacista, Soande. Quello, un bel giorno, pensò di essere arrivato al punto giusto, capace di navigare diritto al cielo, privilegio speciale; e allora dispose di tutto quello che aveva, si accomiatò da tutti, e salì su un albero, di mattina presto, esclamò:
"Bello, bello, che vo in Cielo..." e si lasciò andare, per volare; capitombolò di lassù, si fece molto male in terra. "Ben gli sta!" commentava Nonna Izidra. "Chi pensa di meritare il Cielo, finisce sempre a casa del diavolo!..." Nonna Izindra criticava tutti.
Da "Miguilim", di João Guimarães Rosa, Ed. Universale Economica Feltrinelli, 1999, pp. 49-50

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