venerdì 17 dicembre 2010

Thomas (parte 1°)

Finire in carcere per aver sparato due colpi!

Era il colmo.

Se quell’imbecille non si fosse trovato lì, se quel tordo di guardia giurata non avesse tentato di estrarre la pistola, a quest’ora Thomas sarebbe già stato a casa, una bella doccia e una birra fredda.

E invece quel panciuto, ebete, scoreggione, che probabilmente in vita sua avrà fatto si e no il club del cucito e dello scacchi come sport, ha voluto provare a fare l’eroe.

Completamente inutile.

Thomas scosse la testa.

Gli ci volle meno di due secondi per impugnare la sua pistola, ben nascosta dietro la schiena e a farla schioccare due volte in direzione della guardia giurata, la prima volta al petto e la seconda alla testa. Quello stupido non aveva nemmeno tolto il laccetto alla custodia della pistola, stava ancora perdendo tempo quando si è afflosciato rigido, come una bambola di stracci, sul pavimento.

Qualche bollicina rossa gli usciva da un grosso foro tra la bocca e la fronte, mentre il mento, la camicia e il pavimento si inondavano velocemente di un sangue rosso.

Thomas salì sulla tazza del cesso, e tentò di arrivare con le mani alla finestrella e alle sue sbarre.

Ma erano troppo in alto, riusciva solo a toccarle con le mani.

Rinunciò dopo che gli avevano cominciato a fare male le braccia.

Si guardò intorno, nella cella dove era stato messo, ma non c’era un granché da guardare: la tazza del cesso, un piccolo lavabo, la branda, uno sgabello dove poter appoggiare qualcosa e la lampada dal soffitto, che sbilenca illuminava di una sottile luce gialla tutta la cella.

Decise di sedersi sulla branda.

Ripensandoci, era stato tutto abbastanza veloce.

Dopo aver sparato alla guardia giurata, aveva detto a Evans di sbrigarsi, che non c’era più tempo e che dovevano scappare. Ma lui non voleva andarsene senza prima aver preso almeno un po’ di refurtiva dalla cassetta di sicurezza del negozio: e così erano passati tre - quattro minuti, troppi dopo che si è sparato in un centro commerciale di notte.

Due poliziotti erano entrati nel frattempo e si erano acquattati al piano inferiore, volevano tendere loro una trappola. Ma si erano dimenticati che le passerelle dei piani superiori del centro commerciale erano formate da enormi pannelli di vetro: Thomas poté così vedere perfettamente dove erano nascosti.

Mentre Evans aveva finalmente aperto la cassetta, Thomas si calò da una balaustra poco distante e alle spalle da dove i poliziotti erano nascosti. I due agenti guardavano impazientemente la scala del piano superiore, le pistole in pugno.

Thomas si avvicinò lentamente a quello che stava più indietro, gli avvicinò la canna della pistola alla nuca, prese fiato e sparò.

Mentre il primo poliziotto era ancora in piedi, con la testa forata, Thomas ruotò velocemente il braccio in direzione del secondo poliziotto, abbassò leggermente la mira verso il petto e sparò due colpi in rapida successione.

Il secondo poliziotto cadde sulle ginocchia e si afflosciò in avanti. Thomas si voltò a guardare il primo, sdraiato a terra mentre un enorme chiazza si allargava sotto di lui. Gli prese il revolver e se lo mise dietro la schiena, nei pantaloni. Si avvicinò al secondo poliziotto e prese anche a lui la pistola.

Ora non avevano il tempo di scherzare, dovevano veramente andare via. Evans si fiondò giù dalle scale e raggiunse Thomas, aveva il borsone da palestra a tracolla molto pesante.

Si avviarono all’uscita d’emergenza sul retro del centro commerciale e da lì arrivarono al garage del centro. Si affacciarono con cautela dalla porta per vedere se ci fosse qualche altro poliziotto nascosto tra le macchine ma la situazione era tranquilla.

Arrivati, alla macchina, entrarono e Evans si mise al volante. Lasciò il borsone a Thomas e accese la macchina.

Il finestrino del guidatore fece un piccolo flop! e si riempì di piccole crepe, mentre la testa di Evans, un unico crogiuolo rosso che schizzava sangue ovunque andò a sbattere sul clacson.

Thomas ci mise due secondi a capire cosa fosse successo ed evitò il secondo colpo destinato a lui per miracolo, buttandosi immediatamente per terra e aprendo la portiera, cadde sul pavimento.

Da sotto la macchina riuscì a comprendere da dove arrivavano i colpi, vide due poliziotti in tenuta da assalto nascosti dietro il cofano di una macchina parecchi metri più in là, in fondo al garage.

Uno dei due aveva un fucile automatico con silenziatore e mirino telescopico ed era appoggiato al cofano per una mira più stabile.

Thomas capì di essere perduto. Se c’erano già due poliziotti in tenuta d’assalto piazzati così bene nel garage significava solo che l’intero mall era già circondato. Doveva giocare di velocità.

Si sdraiò sulla pancia a terra e da una delle sue tasche estrasse un mirino a incastro e due pezzi di metallo parecchio lunghi. Rapidamente, avvitò i due pezzi alla canna della sua pistola e innestò il mirino sopra; dopodiché si sdraiò, distese le braccia e prese la mira attraverso il mirino.

Dalla sua posizione poteva vedere perfettamente le gambe dei due membri delle forze dell’ordine: mirò alla caviglia di quello con il fucile e premette il grilletto. Si udì un forte scoppio e attraverso il mirino vide il poliziotto cadere a terra, avendo perso il piede che rimaneva buffamente dritto dentro alla scarpa. Mentre l’altro poliziotto si era rannicchiato a causa dello sparo, senza aver capito cosa fosse successo, Thomas mirò al suo ginocchio destro e aprì il fuoco.

Il secondo poliziotto crollò a terra e cadde dopo pochi secondi anche la gamba, divisa all’altezza del ginocchio per via dell’esplosione causata dal proiettile.

Neutralizzati i due poliziotti, Thomas recuperò il borsone da dentro alla macchina. Diede un’occhiata veloce a Evans, ancora appoggiato al clacson della macchina e si lanciò verso la parte opposta del garage, lontano dai poliziotti.

Avevano scoperto giorni prima la presenza di una piccola grata, grande a sufficienza da far passare un uomo adulto, che da una stanza della manutenzione poteva portare all’esterno vicino a dei cespugli sul muro esterno del centro commerciale.

Aprì rapidamente la porta della stanza, accesa la luce e vide accanto ai macchinari per il riscaldamento accesi, la piccola grata.

Dalla tasca interna della giacca estrasse due rampini fatti con tre – quattro grucce di filo di ferro e li attaccò alla grata, tirando forte. Si staccò rapidamente e cadde a terra, con un secco rumore metallico. Thomas si mise le pistole dietro la schiena, spinse il borsone nel condotto e cominciò a strisciare, ventre a terra, per il condotto.

All’esterno avevano già segato via precedentemente le viti che tenevano la grata. Con una piccola spinta Thomas fece cadere la grata con il borsone e strisciò fuori, nell’oscurità.

Sentì improvvisamente del caldo in faccia, un liquido di qualche tipo gli stava colando addosso da sopra. Appena aprì gli occhi vide con stupore un poliziotto grasso che stava svuotando la vescica nei cespugli, per via della tensione, e che lo guardava, con il pene in mano, perplesso.

Thomas tentò di prendere la pistola da dietro la schiena ma era ancora bloccato nel condotto.

Il poliziotto rimase col pene di fuori e raggiunse la pistola sulla cintola, la prese in mano e gliela puntò contro, intimandogli di arrendersi.

Gli altri poliziotti giunsero rapidamente vicino ai cespugli, attirati dalle grida del loro collega: Thomas veniva quindi tirato fuori dal condotto, sporco di orina, e ammanettato.

Seduto sulla branda, Thomas si appoggiò al muro con la schiena.

Si guardò le unghie, sotto erano ancora sporche della terra dove erano piantati i cespugli. E, nonostante si fosse lavato, aveva ancora sui capelli la puzza di piscio dello sbirro.

Si grattò la testa e si stese sulla branda mentre dalla finestrella si sentiva il rumore del traffico della città che si svegliava.



Nessun commento:

Posta un commento